Regolamento SIGIS
Le nostre scelte di linguaggio
Non è facile scegliere quale opzione adottare tra quelle che oggi cercano di porre fine a una tradizione che per secoli ha perpetuato il sessismo nel linguaggio.
Proprio nei giorni in cui, come Consiglio Direttivo SIGIS, ci poniamo il problema di come declinare le parole del nostro sito, l’Accademia della Crusca interviene per spiegare che il genere grammaticale non corrisponde al genere sessuale e quindi l’uso del maschile plurale non è discriminatorio in quanto tale. Convinte e convinti però che le parole “costruiscono” la realtà, dopo un confronto collegiale, abbiamo scelto di adottare diverse soluzioni, scegliendo di volta in volta in base al contesto.
La soluzione principale sarà il riferimento ai generi sia maschile sia femminile (per esempio: le socie e i soci), consapevoli che questa opzione può appesantire il testo e soprattutto non rende ragione di quelle dimensioni fluide del genere che non si riconoscono in modo univoco nelle declinazioni al maschile o al femminile. In questi ultimi casi, useremo la schwa (ə), pur rendendoci conto dei problemi legati alla pronuncia (quando si tratta di un testo destinato alla lettura). Abbiamo preferito la schwa ad altre forme linguistiche perché, trattandosi della vocale media per eccellenza (la sua pronuncia consiste in un suono tra la a e la e) e appartenendo all’alfabeto fonetico internazionale o IPA, International Phonetic Alphabet, comporta minori problemi di leggibilità rispetto, per esempio, agli asterischi (per es. car* tutt*) o alle x (es. carx tuttx). Raccomandiamo dunque a soci, socie e sociə di indicarci, in risposta a nostre eventuali comunicazioni personali, la soluzione preferita.
Siamo consapevoli tuttavia delle caratteristiche uniche della lingua italiana, per cui l’utilizzo della schwa sarà nel segno delle specificità personali, mentre le comunicazioni generali e istituzionali (salvo, ripetiamo, specifiche indicazioni) faranno riferimento ai generi declinati secondo l’impianto della lingua italiana.
Alla base di queste riflessioni, e delle scelte che comportano e comporteranno (la lingua è un elemento vivo e in progress), è evidente la volontà di promuovere l’utilizzo di un linguaggio inclusivo e rispettoso della pluralità identitaria che compone la comunità cui si rivolge. E necessario un dibattito ampio alla ricerca di soluzioni che tutelino la leggibilità e la praticità della lingua (scritta e parlata) e al tempo stesso esprimano consapevolezza e rispetto delle declinazioni dei generi.
Codice di condotta
Tutte le socie, tutti i soci, tuttə ə socə sono tenute/i/ə ad aderire al codice di condotta della SIGIS.
Tale codice di condotta si basa sul principio che la non conformità di genere non è una forma di malattia o disturbo mentale, ma un normale esito di sviluppo psicosessuale. Non saranno tollerate molestie o discriminazioni in qualsiasi forma.
Se le socie, i soci, e ə socə dell’Associazione o coloro che collaborano con l’Associazione violano questo codice di condotta, l’Associazione può intraprendere qualsiasi azione che il Consiglio ritenga opportuno, incluso, ma non limitato a, avvertire l’autrice, l’autore o l’autorə del reato, la sospensione o l’espulsione dall’Associazione; notifica agli ordini professionali e l’espulsione da ogni evento senza alcun rimborso.
Buone pratiche e raccomandazioni
Language policy
In accordo con le raccomandazione della World Professional Association for Transgender Health (WPATH), incoraggiamo le professioniste, i professionisti, e ə professionistə a:
- adottare un linguaggio inclusivo e affermativo, ovvero che riconosca la persona nella propria identità di genere;
- non dare per assunta l’identità di genere, ma chiedere sempre alla persona interessata come desidera essere appellata;
- rispettare sempre nel linguaggio l’identità di genere della persona sulla base di come la persona stessa si definisce e descrive, includendo anche le identità ed espressioni di genere non binarie;
- rispettare l’identità e ruolo di genere della persona indipendentemente dal percorso medico di affermazione di genere (ormonale e/o chirurgico);
- per riferirsi al genere, usare le espressioni genere assegnato alla nascita o legale, invece che sesso alla nascita o sesso biologico;
- il percorso che alcune persone con incongruenza di genere desiderano effettuare o hanno effettuato per rendere il proprio corpo più vicino al genere esperito viene oggi chiamato percorso di affermazione di genere. Nel rispetto delle persone che effettuano tale percorso, si raccomanda di non utilizzare le espressioni “riassegnazioni di sesso” o “cambio di sesso”;
- adottare un linguaggio che non sia stigmatizzante e/o patologizzante rispetto all’identità di genere, ruolo di genere e al corpo;
- l’incongruenza di genere è uno dei molteplici aspetti che possono descrivere un individuo: si raccomanda di utilizzare pertanto espressioni quali “persona con incongruenza di genere”, “persona transgender”, “persona trans”, “persona con una condizione intersessuale” e non con le seguenti espressioni “un/una trans”, “un/una intersex” ;
- le espressioni “disturbo d’identità di genere” e “disturbo dello sviluppo sessuale” sono oggi considerato patologizzanti;
- è raccomandato definire le persone in base al genere assegnato alla nascita (ovvero “persona assegnata a maschio alla nascita”, AMAB; “persona assegnata a femmina alla nascita”, AFAB). Espressioni come male-to-female, female-to-male, donna trans, o uomo trans assumono erroneamente che una persona transgender si identifichi nel genere opposto rispetto a quello assegnato alla nascita e non sono inclusive di realtà non binarie;
- non sottomettere studi scientifici che descrivano o sostengano interventi clinici non in linea con i diritti umani, come le cosiddette terapie riparative finalizzate a imporre la conformità di genere rispetto alla varianza di genere;
- non misgenderare le persone, ovvero usare un linguaggio che non riconosce l’identità di genere di una persona. Per esempio, riferirsi a una persona che si identifica al femminile usando un nome maschile e/o pronomi maschili.


